A dieta per il pianeta.
I ricercatori che hanno condotto un importante studio pubblicato sulla prestigiosa rivista medica The Lancet hanno concluso che: “Il cibo che mangiamo e il modo in cui lo produciamo determina la salute delle persone e del pianeta e, attualmente, lo stiamo facendo nel modo sbagliato”. Un tema molto attuale, purtroppo. Sono state infatti valutate le emissioni di gas serra, il consumo di acqua, l’azoto e il fosforo impiegati come fertilizzanti e i possibili danni subiti legati all’agricoltura intensiva. Gli scienziati hanno individuato le possibili linee guida di una dieta ‘salva-pianeta’ (“Planetary Health”): aumentare (raddoppiare) il consumo di noci e frutta secca, frutta fresca, verdura e legumi; ridurre (dimezzare) il consumo di carne soprattutto rossa e di zucchero. Gli studiosi coinvolti ritengono che, se la popolazione mondiale si attenesse a queste linee guida, ogni anno si potrebbero prevenire oltre 11 milioni di morti premature, le emissioni di gas serra verrebbero ridotte in maniera consistente e si riuscirebbe a conservare una maggiore quantità di riserve di terra, acqua e di biodiversità, per riuscire a sfamare la popolazione mondiale. Le difficoltà sarebbero notevoli: pensiamo al Nord America, in cui il prevale il consumo di carne rossa (circa 6 volte la quantità raccomandata!), come succede in altri Paesi; queste popolazioni dovrebbero cambiare radicalmente il loro modo di alimentarsi e le loro abitudini. Al contrario, per altre popolazioni sarebbe difficile ridurre il consumo, attualmente eccessivo, di patate e manioca, per rispettare le quantità consigliate. E, soprattutto, milioni di persone non hanno cibo a sufficienza, mentre altre persone si nutrono di cibi non sani che favoriscono lo sviluppo di malattie cronico degenerative e morti premature. Bisogna agire in qualche modo per salvaguardare quello che resta del nostro pianeta; le prospettive non sono rosee: entro il 2050 non sarà più possibile nutrire una popolazione di 10 miliardi di persone con una dieta sana e sostenibile senza trasformare le abitudini alimentari, migliorare la produzione di cibo e ridurre gli sprechi alimentari. “Abbiamo bisogno di un cambiamento del sistema alimentare globale su una scala mai vista prima” concludono i ricercatori “anche se non riusciremo a mettere in atto questo cambiamento, dobbiamo comunque tentare di avvicinarci ad esso il più possibile”, e io sono decisamente d’accordo.
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