Allarme carne rossa (parte prima)
Mi sembra giunto il momento di fare un po’ di chiarezza su una situazione di preoccupazione e ansia scatenate nella seconda metà del 2015, da un allarme lanciato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in seguito a un rapporto dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc). In questo documento si asserisce che le carni lavorate sono cancerogene e vanno inserite nel gruppo delle sostanze che causano il cancro a pericolosità più alta, come il fumo e il benzene. Viene inoltre segnalato che il rischio, seppur presente, è minore per le carni rosse non lavorate. In più, a mio avviso, i titoli di giornali e di telegiornali hanno favorito la diffusione del panico verso il consumo di carni rosse e derivati, riportando solo in parte il messaggio originale e non spiegando fino in fondo le motivazione delle preoccupazioni riguardanti il consumo degli alimenti sotto accusa. Quello che la Iarc voleva trasmettere era che il consumo di salumi, insaccati e ogni genere di carne lavorata, attraverso i processi di salatura, affumicatura, essiccazione e/o aggiunta di conservanti chimici al fine di migliorarne la conservazione, poteva aumentare la probabilità di sviluppare alcune tipologie di tumore, in particolare quelli del colon-retto, della prostata e del pancreas. Questo messaggio, che è stato certamente male interpretato e mal riportato, va riletto e studiato con calma.
Tanto per iniziare facciamo chiarezza fin dal principio: quando si parla di carne rossa ci si riferisce a tutte le carni che derivano da tessuto muscolare di mammifero, inclusi manzo, vitello, maiale, agnello, montone, cavallo e capra; quando si parla di “carni lavorate” ci si riferisce alle carni che vengono trasformate attraverso la salatura, la stagionatura, la fermentazione, l’affumicatura o altri processi per migliorarne il sapore e prolungarne la conservazione. La maggior parte delle carni lavorate sono di maiale o manzo, ma esistono anche prodotti che contengono altre carni rosse, pollame, frattaglie o sottoprodotti come il sangue. Per fare qualche esempio di carni trasformate possiamo citare gli hot dog (wurstel), i prosciutti, le salsicce, la carne in scatola o essiccata e i sughi e le preparazioni a base di carne.
L’attenzione nei confronti di patologie cronico-degenerative come i tumori è sempre alta e soprattutto è tanta la ricerca che si fa per prevenire e non solo per curare queste patologie. Quindi lo studio oggetto del dibattito è nato dall’evidenza scientifica che un elevato consumo di carne rossa o di carni lavorate provochi un lieve aumento del rischio di sviluppare diversi tipi di tumori. E’ vero che sono rischi molto lievi, ma potrebbero essere importanti per la salute pubblica, in termini di prevenzione e di spese sanitarie, perché moltissime persone in tutto il mondo mangiano carne anche con frequenze settimanali elevate, e il suo consumo è in aumento soprattutto nei paesi a basso e medio reddito. E’ anche vero che in alcuni Paesi le linee guida raccomandano già di limitare l’assunzione di carne, ma questo consiglio è solitamente finalizzato alla riduzione del rischio di altre malattie (pensiamo a quelle cardiovascolari…) e non strettamente legato allo sviluppo di patologie oncologiche.
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